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Le due anime del Libano

22 Giugno 2018

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Il mio incontro con il Libano è stato particolarmente intenso: si tratta di una terra straordinaria, piena di grandi sorprese culinarie ed enologiche, e soprattutto di mercati meravigliosi. È risaputo che i mercati arabi sono colorati e molto folcloristici. In quelli libanesi si percepisce però l’influenza del mondo europeo (sono stati colonizzati dai francesi), e già a una prima occhiata risultano più ordinati.
Entrando nel merito della cucina del Libano, un paese dove l’ospitalità è sacra, il pasto comincia dal rito dei mezze, un assortimento di piccoli antipasti che precedono le portate principali per solleticare l’appetito: si va dalle piccole verdure sottaceto alle polpettine di ceci e menta, dalle interiora crude ai saporitissimi fagottini ripieni  chiamati samboosik, dalle famosissime baba ghanoush (melanzane affumicate condite con paprica, prezzemolo e ottimo olio di oliva), all’hummus, un saporito purè di ceci e tahini. Popolarissimo anche tabbouleh, un insalata di grano duro con prezzemolo, pomodori, cipolla, semi di sesamo, aglio, olio e limone, e poi ci sono le foglie di vite ripiene di riso e agnello speziato o i fegatini di pollo con cosce di rana, conditi con aglio, coriandolo e limone.
E questo è solo un “assaggio” della cucina libanese, a mio parere una delle migliori del mondo, tanto che dopo esser stato in Libano il mio modo di cucinare è cambiato e da allora attingo dal grande serbatoio di questo Paese ingredienti come le mostarde di verdure, i sott’oli, le verdure passite, i ceci e i fagioli (che sono anche nostri), i grani e tanto altro ancora. Da un lato la sapienza culinaria libanese fa riferimento al mondo arabo, quindi a tutto quello che è spezie, miele, frutta secca, sciroppi, estratto di fiori d’arancio, gelsomino, calendula e melissa; dall’altro risente dell’influenza del Mediterraneo, e questo si nota soprattutto nel pesce, nei crostacei e nelle erbe aromatiche. Ma le particolarità di questa grande cucina sono molte: in Libano, ad esempio, esiste una spezia straordinaria che si chiama sommacco: è piccante e si usa spesso al posto del limone.
In ogni piatto si tocca con mano quanto la cucina faccia parte della storia e delle tradizioni locali. Basti pensare che secondo un’antica regola occorre sempre servire in tavola il doppio del cibo giudicato sufficiente a sfamare abbondantemente gli ospiti. Se vi capitasse di essere invitati a cena da un libanese, quindi, accettate sempre tutto quello che vi viene offerto, visto che un rifiuto sarebbe interpretato come una grande offesa.

Batroun e Tripoli: mercati a colori

Il primo mercato del pesce che ho visto in Libano è stato quello di Batroun, dove si svolgeva un’ asta – naturalmente in lingua araba – nella quale veniva battuto di tutto, dalle teste di squali alle casse di gamberi e a tonni giganteschi. Il luogo delle aste è un enorme tavolo al centro del mercato, dove il pesce viene rovesciato dalle cassette e mostrato al pubblico  prima di essere aggiudicato.Tra un rilancio e l’altro, poi, si può gustare il samak sa’aydiye, un piatto molto popolare che consiste in una specie di paella con il riso cotto nel brodo di pesce e l’aggiunta di cipolle caramellate, pinoli stufati e spezie.
Un altro mercato molto affascinante si trova a Tripoli, la seconda città del Libano a circa 70 km da Beirut: un centro storico con un grande porto, famosa per i suoi edifici medievali costruiti dai Mamelucchi, tra i quali spicca il grande suq al centro della città vecchia. Tripoli è nota anche come capitale dolciaria del Libano e chi la visita, infatti, non dimentica mai di recarsi in una delle sue famose pasticcerie. Io, in particolare, ne ho visitata una, forse la più grande del Paese, che annovera 400 dipendenti e ha una superficie distribuita su 4 piani. Quel che mi è rimasto più impresso è che in una stanza c’erano una decina di donne che pulivano i pistacchi a mano uno per uno!
La  cosa più spettacolare in assoluto a Tripoli è il suq: qui il mercato è molto artigianale e i contadini portano regolarmente sui banchi materie prime freschissime – in particolare frutta e verdura, ma anche erbe aromatiche e spezie – dalle campagne. In città, in ogni caso, tutti i mercati sono molto animati e offrono la possibilità di sperimentare la cosiddetta cucina di strada, che grazie alla miscela di odori creata dal fritto e dalle spezie crea un profumo indimenticabile. Sulle bancarelle un ruolo di primo piano è anche quello giocato dalla carne e dal pesce secco, senza contare tutto quello che è frutta secca, miele (presente in decine di varietà) ed essenze di fiori. Un mix di gelsomino e arancia con acqua calda, ad esempio, viene bevuto dopo i pasti ed è un grande digestivo.
Anche sul versante artigianale Tripoli ha conosciuto anni di grande importanza: la città era infatti conosciuta in passato per la preparazione del sapone, naturalmente preparato con il metodo tradizionale utilizzando ingredienti come l’olio d’oliva, il miele, la glicerina e altri prodotti naturali che venivano poi messi in enormi vasche, colorati con zafferano e arricchiti con oli essenziali. E pezzi di sapone naturali di forme diverse, a simboleggiare la purezza, erano parte del corredo di ogni sposa.
Lungo i vicoli della città vecchia accanto al mercato troviamo anche artigiani pentolai che ancora oggi fabbricano a martello deliziose pentole, tisaniere, piatti in rame, mestoli e tutto quello che può servire in casa.

A spasso per i vigneti

Lasciata Tripoli, ci spostiamo nella valle della Bekaa, dove si trova Balbek, uno dei siti archeologici più importanti del Paese, e al tempo stesso la città romana più importante del Medio Oriente. Nell’antichità era la città del sole e i suoi templi avevano colonne altissime. Oggi, a pochi passi dallo storico tempio di Bacco, si respira la storia antica ma si fanno anche grandi vini, visto che là dove un tempo si coltivava hashish oggi i contadini piantano uva, patate e pomodori.
Il Libano è uno dei paesi dove la produzione di vino si perde nella notte dei tempi e il luogo dove si coltivarono le prime viti fu proprio la valle della Bekaa. Il primo e più antico vino libanese proveniva dai vigneti di Ksara, dove si produce un ottimo chardonnay vinificato in purezza e imbottigliato come Chateau Blanc de Blancs. Sempre qui ha sede la più grande azienda vinicola libanese , la Kefraya, che produce lo Chateau Kefraya da uve cabernet, sauvignon, syrah, mourvedre, grenache, cinsault e carignan. Troviamo poi il mitico Chateau Musar, messo in bottiglia dal più piccolo dei produttori libanesi, che è anche l’unico a operare al di fuori dalla Bekaa, visto che l’azienda vinicola si trova a Ghazir.
Infine, ecco la Massaia, l’ultima azienda arrivata sul mercato libanese, che si è fatta conoscere per l’ottima produzione di Arak, venduto nelle caratteristiche bottiglie blu: è la bevanda nazionale del Libano ed è bevuto in tutto il Medio Oriente, un liquore all’anice bevuto “trasversalmente” da tutte le classi sociali, sia nelle cene delle grandi occasioni sia nei caffè più modesti. In realtà l’Arak è un sottoprodotto del vino, in quanto si ottiene distillando i semi dell’uva rossa e i residui della spremitura delle bucce. La differenza rispetto agli altri distillati sta nell’aggiunta dell’aroma di anice e nello stile di consumo: di solito, infatti, l’Arak si beve insieme alle “mezze”, cioè accompagnato agli stuzzichini che aprono il pasto per preparare alla prima portata.

Beirut e i suoi locali

Per parlare di ristorazione torniamo però a Beirut, città divisa tra musulmani e cristiani: la ristorazione moderna ha preso piede anche qui e molti sono ormai i locali che seguono lo stile di Londra e di Barcellona, tanto che per ritrovare la tradizione bisogna andare nelle campagne. In città si trovano comunque alcuni mercati tradizionali: la domenica, ad esempio, se ne tiene uno sulla strada che divide i cristiani dai musulmani con molte bancarelle di frutta e verdura già lavorata. Troviamo ad esempio le bayt injen makdoos, piccole melanzane essiccate che – divise a metà e riempite di aglio, peperoncino e noci – vengono messe in vasi con olio di oliva e lasciate macerare per 40 giorni; c’è poi l’agnello tagliato a cubetti, fritto con cipolla e spezie e conservato nel grasso fuso in grossi contenitori fino a quando verrà mescolato a verdure stufate o riso per il consumo. Ma tra le bancarelle spiccano anche verdure particolari come lunghissimi cetrioli bianchi o barbabietole sottaceto. Un altro prodotto tipico è il famoso formaggio labneth, cremoso e simile allo yogurt, che viene conservato sott’olio. In estate un tipico prodotto da mercato è poi il grano, venduto essiccato per essere mescolato con lo yogurt e utilizzato per la prima colazione.
Tutta Beirut è comunque un brulicare di  piccoli chioschi dove si possono bere magnifici succhi ottenuti dalla frutta del Libano: il Paese è un grande produttore di arance, ma qui non si vive di sole spremute. Troviamo infatti la Limonada, fatta con succo di limone, zucchero ed essenza di fiori d’arancia, la Jallab a base di datteri, sulla quale galleggiano pinoli e pistacchi, oppure la Ma’wared, un distillato di petali di rosa servito con abbondante ghiaccio. E per finire, come in tutti i paesi arabi, troviamo il caffè: stupendo, alla libanese, e in genere aromatizzato con il cardamomo.
Il Libano, in definitiva, è un paese stupendo. Il mio ultimo viaggio risale a 3 mesi prima che iniziasse l’ultima guerra: là ho lasciato molti amici che non ho più rivisto né sentito. Spero solo che la loro vita sia ricominciata serenamente.


Grazie Beirut, per quello che mi hai dato.
 

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